venerdì 9 settembre 2011

Panzanella a modo mio / Berardino Perilli, pecore e endecasillabi


Cerco la casa cantoniera di Campotosto, sbaglio direzione più di una volta, incontro greggi di pecore che brucano i pochi ciuffi d'erba da un terreno secco, ma non trovo il gregge di Berardino, se non ben più tardi dell'ora fissata per l'appuntamento. Si sbaglia strada quando la conoscenza di certi luoghi, e di conseguenza la toponomastica, differiscono a seconda che si appartenga al gruppo degli autoctoni o a quello dei forestieri. Per me, forestiera pur se abruzzese proveniente dalla stessa provincia, Campotosto è una zona estesa, che comprende paese, lago, strade; per Berardino, che ci è nato, Campotosto - se detto così- è SOLO il paese.
Da quando finalmente riesco a trovarlo, per un'ora e mezza mi parla ora della vita da pastore iniziata sessant'anni fa, ora di piante, di animali, dell'Orlando furioso, della Gerusalemme liberata, dei poeti italiani del Risorgimento, di Trilussa, degli studi che ha potuto fare (la quinta elementare) e delle letture che poi ha fatto da solo, del primo vocabolario che si è comprato, dei libri che ha amato. Tutto insieme. Intervalla il racconto con la recitazione di ottave o terzine di endecasillabi da lui composte da tanti anni a questa parte. Il flusso è quello della narrazione orale che da una parola di un discorso prende il via per passare ad un altro, tendendo un filo che va dall'inizio alla fine della conversazione, dal mio primo "Salve" al "Ci vediamo presto per una cena" con cui ci congediamo.
Berardino Perilli, 75 anni, è uno dei pastori e poeti a braccio di una tradizione abruzzese e laziale iniziata chissà quanti anni fa e ha il fascino di uno che parla solo di ciò che ha ben osservato e la cui capacità mnemonica mette quasi soggezione. Un incontro che ricorderò a lungo.
E visto che siamo in tema di 150° anniversario dell'Unità d'Italia, trascrivo i versi del Giusti oggi citati da Berardino:

Il Buonsenso, che già fu caposcuola,
ora in parecchie scuole è morto affatto;
la Scienza sua figliuola
l'uccise, per veder com'era fatto.

Giuseppe Giusti, Epigrammi


E per gli ultimi sgoccioli di sole e afa, vi propongo questa ricetta leggerissima, attingendo dalla tradizione della cucina povera toscana.





Ingredienti (per due persone):

250 g di pane raffermo
un cetriolo
una decina di pomodorini
capperi
olive taggiasche
basilico
maggiorana
olio
sale
aceto


Tagliare il pane a quadratini o spezzettarlo, fare il cetriolo a fettine sottilissime e i pomodorini a spicchi. Mettere tutto in una terrina, aggiungere i capperi, le olive, il basilico e la maggiorana e condire con olio, sale e un cucchiaio o due di aceto a seconda dei gusti. Aggiungere un bicchiere d'acqua, mescolare e riporre in frigo per un po'. Controllare dopo un'oretta la consistenza del pane e se è ancora troppo duro aggiungere un po' d'acqua, rimescolare e aspettare ancora un po'.

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