sabato 9 gennaio 2010

Granetti




“(…)Noje arcujemme ‘nvice sole amore / (che vvù che te po’ fa’ ddo ‘nnamurate?) / Tra fène e jerva frasche de pajare. (…)”

“(…) Noi raccogliemmo invece solo amore / (che altro possono fare due innamorati?) / Tra il fieno e l’erba fresca del pagliaio. (…)”

Alfonso Sardella, poeta dialettale abruzzese

Una casa colonica, un'aia dove le galline razzolano silenziose, un cane che abbaia, un giardino disordinato che non è nemmeno un giardino, perché una volta i giardini non c'erano, c'erano solo l'erba, qualche coccio buttato e una vasca in disuso riempita di terra dove si mettevano a crescere le erbette profumate per la cucina. Dietro casa le stalle con le mucche, le pecore, almeno un maiale. Contadini al lavoro nei campi, donne in casa, davanti casa, dietro casa. Il pavimento della cucina di cemento, senza piastrelle, pronto ad assorbire le macchie.

E' un ricordo che voglio farvi leggere, un ricordo non diretto ma a me raccontato dalle donne anziane della mia famiglia.

L'Abruzzo, le campagne tra la montagna e il mare, le case rurali, il lavoro faticoso, l'allegria regalata da un niente, da una bella giornata di sole pallido in mezzo all'inverno, dal mangiare quando si è affamati, da un pezzetto di pancetta sapida in mezzo al sapore un po' spento di un cucchiaio di acqua e farina.
I granetti sono un piatto semplice, semplicissimo. Se guardate un piatto di granetti nemmeno i vostri occhi esultano, perché è bianco, tanto è povero. Solo, mangiandolo, qualche tesoro, qualche nota saporita vi capita sotto i denti.
Un tempo si consigliava alle donne che avevano appena partorito di mangiarne, perché "faceva latte". Ogni giorno, una vicina anziana andava a far visita alla giovane donna appena sgravata e le faceva dono di un piatto di granetti. Perchè il nuovo venuto al mondo esultasse appoggiando le labbra ai capezzoli...



Ingredienti (regolarsi a seconda del numero di persone per cui si cucina sulla base dell'acqua e della farina che si userebbero per una polenta):

acqua

farina bianca

olio d'oliva

un pezzetto di pancetta

peperoncino

aglio (meglio se fresco)

sale (q.b.)

Mettere a soffriggere l'olio con l'aglio, la pancetta a dadini e pezzetti di peperoncino. Contemporaneamente far scaldare l'acqua in un tegame e salarla (l'acqua deve riempire solo a metà il tegame). Quando inizia a fare le bollicine, prima che bolla, iniziare a versare la farina a pioggia e nello stesso tempo mescolare velocemente con una forchetta o, meglio, con una frusta. Versare la farina nella quantità giusta per avere un composto quasi cremoso. Togliere dal fuoco continuando a mescolare fino a che non saranno spariti i grumi più grandi. Rimettere sul fuoco e far cuocere per un po' di minuti fino a che il composto non si sarà un po' ritirato, sempre mescolando di modo che rimanga cremoso. Alla fine aggiungere il soffritto, mescolare, togliere dal fuoco e versare nei piatti.
L'aspetto sarà quello di una polenta un po' liquida.
Se avanza (i contadini non hanno mai buttato nulla!), si può riscaldare aggiungendo un po' d'acqua.

1 commento:

  1. bellissima la poesia in dialetto e molto invitante il piatto che non conoscevo ma che proverò al più presto. Mi piace questo blog che sa di cose antiche e preziose di assolutamente da riscoprire

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