venerdì 24 dicembre 2010

Auguri e il menù di una cena quasi perfetta



Eccoci arrivati alla vigilia di Natale sani e salvi. Spero vi piaccia questo speciale albero di Natale, frutto del  lavoro creativo di Ilaria che riesce a mescolare spezie, mele antiche e nastrini. Superato l'incubo dei regali, che per fortuna ho risolto comprando libri bellissimi per tutti i mie amici e confezionando sciarpe caldissime per le mie tante sorelle, posso dedicarmi a ciò che più amo, dopo la lettura: cucinare. La vigilia di Natale è sempre stato un momento splendido per me bambina, pieno di riti e di proibizioni. La mattina presto mia nonna ci riuniva nella sua cucina (tra fratelli e cugini eravamo nella stessa casa ben 12 bambini) e ci offriva per colazione una fetta di spongata e un bicchiere di sassolino (liquore tipico di Sassuolo fatto con l'anice). Per noi bambini era stranissimo bere del liquore al mattino presto al posto del caffelatte, ci metteva subito di buon umore e molto euforici. Poi si iniziava il digiuno per arrivare alla cena di mezzanotte affamati, pensavamo noi bambini, ma in realtà era una regola religiosa. A pranzo però mia madre che ci vedeva un po' affamati, ci preparava un'insalata con il tonno, perchè l'altro divieto era la carne. Nei miei ricordi era un'insalata buonissima, forse perché sapevamo che era l'unica cosa che potevamo mangiare per tutto il giorno o forse perché sapeva di proibito: i grandi non mangiavano nulla e noi avevamo "l'insalata al tonno". Poi si arrivava a mezzanotte e da generazioni e generazioni il menù non cambiava mai. Si iniziava con i pescetti sotto aceto e il capitone sempre sotto aceto, che si vendeva (perchè noi avevamo un negozio di alimentari di quelli vecchi di una volta dove potevi trovare di tutto, dai cetrioli alle mutande, dal sale ai giornali...)  nelle grandi scatole di alluminio che arrivavavo solo nel periodo natalizio. Poi si passava ai primi che erano "solo" tre : tortelli di zucca conditi con burro e salvia (i miei preferiti in assoluto), spaghetti con le alici, risotto con i funghi porcini. I secondi erano meno preziosi, anche perché dopo tre piatti di pasta non riuscivamo a mangiare tanto: c'era l'anguilla in umido che non piaceva a nessuno, perchè troppo grassa, ma mio padre  l'aveva mangiata da bambino e sua madre l'avava mangiata da bambina e così la catena non si poteva spezzare; poi per alleggerire il tutto c'era una meravigliosa insalata russa con la maionese fatta in casa che era gialla gialla, quasi gialla zafferano e che non aveva niente a che vedere con le sbiadite maionesi che si trovavano nei barattoli di vetro.
Poi finalmente arrivava il dolce, la torta di riso, tipico dolce di casa mia, e il panettone, che non ho mai capito se era  un'entrata dell'ultima ora o se anche mio padre da bambino aveva a Natale il panettone. Tutto innaffiato da un moscato frizzantino e dolciastro che ci dava subito alla testa e arrossava le nostre gote. Poi tutti a letto dopo aver messo ben in evidenza le nostre letterine per Babbo Natale, anche se da noi si sapeva benissimo che i doni migliori, i giochi più belli, li avrebbe portati la Befana, mica quel fannullone di Babbo Natale...

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